Non ha retto al forte vento che da ieri mattina si è abbattuto su Palazzolo la tela da venticinque metri raffigurante il Crocifisso, che all’alba era stata innalzata sulla facciata della chiesa di San Sebastiano. Dipinta in olio e tempera su tela dal giovane artista palazzolese Andrea Caruso, la tela è stata sistemata in piazza del Popolo, recintata con corde e alberi, per permettere ai passanti di ammirarla.
" E’ un vero peccato – commenta con rammarico Caruso – l’effetto che avrebbe avuto sulla facciata soprattutto vista da lontano non è lo stesso. Ma per motivi di sicurezza abbiamo deciso di sistemarla in piazza”.
Allo storico d'arte Giovanni Morale Il Premio San Sebastiano.
A Giovanni Morale è andato il premio San Sebastiano, giunto alla decima edizione, che ogni anno la commissione dona a un devoto impegnato nella diffusione del culto per il santo. Morale, storico d’arte e membro del comitato direttivo dell’Ente Raccolta Vinciano, ha ricevuto il premio “Per impegno verso San Sebastiano ed in modo particolare verso la Basilica di Palazzolo”, avendo studiato il quadro di San Sebastiano restaurato lo scorso anno. Morale durante l’ottavario della festa, ha presentato dei quadri sotto forma di diapositive col titolo “Viaggi nell’iconografia di San Sebastiano”.
Federica Puglisi Giornale di Sicilia
21 agosto 2008
SAN SEBASTIANO E I FEDELI DI PALAZZOLO ACREIDE
di Davide Dutto 20 agosto 2007
L’altro giorno sono partito da Portopalo alla volta di Palazzolo Acreide dove durante il mese di agosto si svolgono i festeggiamenti del protettore S. Sebastiano. Lello Fargione è il mio punto di riferimento, nel tempo ci siamo incontrati virtualmente scrivendoci informazioni mail sulla festa, qui finalmente lo conosco realmente. Nonostante il suoi numerosi impegni di organizzatore Lello mi aiuta molto spiegandomi il programma e consigliandomi come e dove fotografare. Per la sistemazione mi indirizza nell’antico splendido Feudo Bauly da poco ristrutturato. Il feudo confina con un boschetto nell’affascinante campagna di Palazzolo, rimasta ancora oggi selvaggia. Così dopo essermi sistemato, preparo l’attrezzatura e vado a fotografare nella Basilica di S.Sebastiano la “svelata” del santo. Appena finita la messa cerco di organizzarmi per le riprese, ma in breve tempo mi ritrovo spinto dalla massa dei fedeli in delirio a ridosso dell’altare. Schiacciato, fotografo tra le urla e le braccia alzate verso il santo mentre è imminente l’apparizione della statua. Ecco ora appare dall’alto e avanza fino ad essere ben visibile a tutti i fedeli. Tutti urlano sempre più forte ” …e chi siemu tutti muti, sammastianu pi la vita patronu..”,”…e ciamamulu ca ni senti sammastianu pi la vita patronu”. Ora le grida sono diventate un’unica grande ovazione. In questi momenti ho poco tempo per ragionare e mi lascio trascinate dall’emozione dei fedeli, dalle mani protese, dagli occhi lucidi, dal sudore spruzzato sull’obbiettivo. Fotografo senza potermi muovere di un centimetro. Tra una spina e l’altra mi accorgo che al mio fianco un’altro fotografo sta riprendendo le stesse azioni e ogni tanto, un gomito, un pezzo d’obbiettivo entrano in campo mentre riprendo l’evento, ma collaboriamo e cerchiamo di non darci troppo fastidio. Tutto sembra passare in un attimo e la cerimonia finisce, la gente sfolla lentamente ancora eccitata e appassionata. Scambio così due parole con il collega al mio fianco, si chiama Filippo Minnito e vive e lavora a Terrasini vicino a Palermo, parlando ci accorgiamo che stiamo facendo progetti simili in Sicilia. Parliamo ancora il giorno dopo mentre ci prepariamo a fotografare l’uscita dalla chiesa e mi presenta la sua bella famiglia. Comincia la processione, la “sciuta” alle 13.00 (due artistici fercoli, sotto una pioggia multicolore di migliaia di nzareddi, lo sparo di bombe, il suono delle bande e l’offerta dei bambini nudi, processionano lungo le strade del centro storico, sorretti a spalla nuda dai portatori, seguiti dalle devote del viagghiu scausu e dalla folla dei fedeli.) e tutto diventa di nuovo eccitazione, urla e pianto, mentre i botti esplodono lanciando nel cielo migliaia di strisce colorate (nzareddi). Le reliquie e la statua del santo vengono portate giù dalla ripida scalinata a spalla nuda dai portatori. Il percorso si snoda tra i vicoli del paese, i bambini nudi vengono alzati sul carro per essere esposti al santo e alla folla, le offerte in denaro vengono appese davanti al statua del santo. Fotografo a ripetizione tutte queste fasi, avanzo davanti alla processione spintonato dalla gente e schivando i portatori sto attento a non creare intoppi e a non farmi sopraffare da altri fotografi professionisti e non… a sera tardi finisce così la giornata-battaglia e torno nella mia camera con vista sui boschi, scarico le immagini sul computer, sono stanco,domani parto per tornare a Portopalo…
davide dutto
La storia di San Sebastiano,
La Pala di San Sebastiano Un breve percorso iconografico
di Giovanni Morale
kallistearte 25 giugno2007
Palazzolo Acreide gode fin dalla colonizzazione greca di celebri tradizioni legate al teatro e all’arte tersicorea; la cittadina iblea è stata, infatti, uno dei massimi centri culturali nella Sicilia orientale già alcuni secoli prima di Cristo. Nonostante la popolazione sia da sempre legata all’agricoltura e vi siano, soprattutto in epoche passate, non poche difficoltà di comunicazione, sappiamo che uno dei più grandi autori rinascimentali, Antonello da Messina, ha eseguito per la chiesa dell’Annunziata la tavola, ora esposta al siracusano Museo Bellomo, raffigurante l’incontro dell’Arcangelo Gabriele con Maria. In questo contesto certamente non marginale nella Storia dell’arte, si collocano sia la presenza di momenti religiosi e civili sia una pia devozione popolare, consolidata nei secoli. La cittadina vede la coesistenza, talvolta vivace, principalmente di due importanti centri devozionali: il primo legato all’Apostolum Gentium, san Paolo, l’altro al soldato romano martirizzato da Diocleziano, san Sebastiano. Entrambi i santi godono di straordinari primati all’interno non solo nella Storia della Chiesa ma anche nel panorama agiografico. Il primo, come afferma non senza sarcasmo Friedrich Nietzsche, è il vero fondatore del Cristianesimo, mentre il secondo è tra i santi più celebrati del Martirologio Romano. La Pala che raffigura il martirio del santo, avvenuto a Roma nel IV sec., secondo quanto riferitoci dalla ‘Depositio martyrum’ risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di s. Ambrogio (340-397), dove dice che Sebastiano era di origine milanese e si era trasferito a Roma. Il grande dipinto fu composto per la Basilica di Palazzolo nel 1713, come attesta la datazione in basso a destra, tuttavia ignote, per ora, l’autore. Con ogni probabilità il pittore è da ricercare nella cerchia iblea di quegli anni, ricca di un fermento artistico derivante dal terribile terremoto del 1693 che distrusse gran parte della Val di Noto. Il dipinto è stato commissionato per la chiesa, proprio per l’altare maggiore come attesta la precisa corrispondenza degli stucchi e la corretta proporzione della tela in relazione allo spazio architettonico. L’iconografia assai ricca vede diversi elementi agiografici e iconologici, che non trovano esempi nel panorama pittorico della pittura occidentale; questo fatto attesta maggiormente la particolare fede e devozione della committenza che voleva certamente esaltare le innumerevoli doti del santo protettore. Al centro della tela, il protagonista, Sebastiano che fu condannato ad essere trafitto dalle frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino e colpito da frecce dai soldati romani che appaiono in basso a destra. In alto un angelo porta la palma simbolo del martirio e la certezza di essere già chiamato nell’esercito dei Giusti in paradiso. Tuttavia la presenza dell’angelo con la palma preannuncia la gloria celeste che non avviene, però, nel momento del lancio delle frecce. Infatti, la tradizione vuole che Sebastiano non muoia: la nobile Irene, infatti, vedova di s. Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura e la pia donna si accorse che il tribuno non era morto e trasportatelo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano. L’imperatore è raffigurato a destra su un trovo circondato da altri patrizi romani, mentre i cristiani, soggetti alle sue violente persecuzioni, sono raffigurati in basso a sinistra stabilendo un continum nel processo della narrazione pittorica. L’epilogo della storia del santo è ben noto agli abitanti del centro ibleo: Diocleziano, infatti, ordinò che il santo fosse flagellato a morte con un’esecuzione che avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima. Nella pala dell’altare maggiore compaiono in alto a sinistra due figure: Cristo e le Vergini d’assisi su una nuvola, sotto di loro i cristiani perseguitati. Cristo veste i panni di Dio-Zeus con le frecce dei flagelli che mitologicamente definiscono le pene inflitte agli uomini. Ecco la chiave di volta di tutta la tessitura pittorica: Sebastiano protegge dalle “frecce celesti” il popolo a lui devoto e fa ritornare al Padre i “dardi”, le prove che la divinità sta per lanciare sugli uomini. Ecco perchè copiosa è la tradizione iconografica relativa al santo, in qualità di protettore ed ausiliatore presso Dio dell’umanità. La tradizione vuole che la piaga divina peggiore fosse la peste ecco perchè Sebastiano è associato a san Rocco come protettore delle epidemie e dei cataclismi. Forse l’antica devozione palazzolese è da ricercare proprio in fenomeni epidemici che hanno caratterizzato il medioevo e i primi anni del Seicento. Non da ultimo la devozione è certamente aumentata nella popolazione assai provata dal terremoto fine seicentesco a tal punto da commissionare una pala d’altare pochi anni dopo quasi a propiziarsi benigne grazie celesti.
Giovanni Morale
www.kallistearte.org
Giornale di Sicilia 29 maggio 2007
LUCE E COLORI AL QUADRO DEL MARTIRIO DI SAN SEBASTIANO
Un restauro conservativo che ha ridato luce e colore ad un dipinto del 1713. È il lungo lavoro fatto da Enzo Nieli al quadro del martirio di San Sebastiano, attraverso l’uso di tecniche pittoriche naturali che hanno reso possibile la pulitura e la rifinitura dell’opera. Tante le tecniche adoperate. Nieli ha prima effettuato una pulitura della superficie pittorica, poi ha smontato il vecchio telaio, rimosso i rattoppi che negli anni erano stati messi sul retro per coprire i tagli provocati dall’usura, e ha effettuato la pulizia delle polveri. Poi è stata eseguita la velinatura, ed è stato montato un nuovo telaio, la stiratura e la pulitura definitiva con vernice pittorica che raffresca i colori. L’opera che misura quattro metri di altezza e tre di larghezza sarà posto sull’altare maggiore della chiesa di San Sebastiano.
Federica Puglisi
IL GIORNALEESPOSTA IN VIA JUDICA UNA STATUA DEL PROTETORE PALAZZOLO.
Una scultura realizzata dall’artista canicattinese Tanino Golino per commemorare San Sebastiano, protettore di Palazzolo, è stata installata e rimarrà in esposizione permanente in un’antica finestra dei dammusi di casa “Rizza-Mita”. L'opera si trova in via Gabriele Judica, a pochi passi dalla chiesa di piazza del Popolo. Alla base della scultura la frase “Invitto martire, volgi il tuo sguardo sui giovani ed ispirali ad avere alti ideali”. “Proprio come fece il valoroso soldato Sebastiano, che coniugò i doveri civili a quelli religiosi, – ha spiegato il pittore Golino – anche nella “confusa” società di oggi c’è bisogno di chi sappia donare la propria vita alla fede”.
Marco Petrolito
DOLCE IL BAROCCO SICILIANO
Oltre a fotografare la campagna Siciliana, in questi giorni visito vari paesi come Noto, Ragusa Ibla, Palazzolo Alcreide, Buscemi, Modica dove il Barocco Siciliano trionfa. Quasi sempre arroccati sulle colline sembrano dei presepi quando la sera s’illimiunano. In questo periodo le sagre dilagano, grandi processioni per celebrare ognuno il proprio Santo Patrono, alcune sono famose come quella a Palazzolo di San Sebastiano Martire dove due artistici fercoli, sotto una pioggia multicolore di migliaia di ‘nzareddi, lo sparo di bombe, il suono delle bande e l’offerta dei bambini nudi, processionano lungo le strade del centro storico, sorretti a “spadda nura” dai portatori, seguiti dalle devote del “viagghiu scausu” e dalla folla dei fedeli. I festeggiamenti si svolgono con la processione del simulacro del Santo, con concerti di vari corpi bandistici, con intrattenimenti musicali serali e fuochi pirotecnici. I fedeli annualmente rinnovano toccanti tradizioni, fra queste la “spalla nuda” , il “viaggio scalzo” e la presentazione di “bambini nuri” al
Santo, sono lo scioglimento di un voto per grazia ricevuta, così per tutto agosto. A Palazzolo ho fotografato la più lunga balconata barocca d’Europa e poi le chiesa con la spettacolare facciata e un incredibile interno ora addobbato per la festa. A Buscemi, paese museo, mi fermo nella deserta piazzetta davanti alla chiesa di S.Antonio da Padova caratterizzata dalle tre campane sopra la facciata dove solo le rondini che volano intorno mi tengono compagnia, bellissima e lunghissima l’enorme scalinata del Duomo di San Giorgio che visito a Modica. Verso la sera della giornata barocca modello, con amici ci sediamo nel corso V.Emanuele di Noto, al caffè di Sicilia di Corrado Assenza, assaggiamo dolci di rara bontà e granite che rinfrescano l’anima, vediamo passare spose, turisti e siciliani veri. Poi la faccia stupenda di Corrado che ci parla dei prodotti usati come si dice una poesia, le sue mani si muovono mimiche, mentre descrive le preparazioni e io con il gusto in bocca scatto alcune immagini, vedo lui, vedo pezzi di Sicilia, vedo il barocco sullo sfondo.
davide dutto
10 agosto 2006
É arrivato il mese di agosto e Palazzolo Acreide è in festa per il proprio S. Sebastiano. Già dai primi giorni del mese incominciano i preparativi: si allestiscono le illuminazioni, si addobbano i balconi e tutti i devoti e tutti i fedeli si preparano spiritualmente all'evento; si, evento è la parola giusta, proprio come tutte le feste che si fanno a Palazzolo del resto. Evento proprio come la festa appena passata un mese prima del patrono S. Paolo, grande giubilo per quella festa e lo stesso per questa; tutte e due le feste sono di uguale importanza, pomposità e bellezza, e sono molto simili nel suo genere: gli "nzareddi", il Santo portato a spalla, la Reliquia sulla "varetta", i bambini spogliati nudi, ma soprattutto stessa emozione e bellezza, a maggior ragione quest'anno, che hanno inaugurato il restauro dell'interno della Basilica del Santo, dopo due anni chi chiusura. Quest'anno è stato un anno particolare, perchè ci sono stati due grandi ritorni molto importanti ed evidenti: la "Sciuta" dalla Basilica, che per due anni si è fatta ma senza uscita del simulacro dal portale centrale della chiesa, e il ritorno dei paramenti sacri in stoffa che abbelliscono l'interno del sacro tempio. Per tutto il periodo del restauro dell'interno della Basilica, il simulacro di S. Sebastiano il giorno della festa, il 10 agosto, alle ore 13,00 è uscito portato a spalla fino in piazza dove lo aspettava tutto il popolo e la vara; arrivato in piazza veniva sistemato sulla vara e poi, nel momento in cui i devoti portatori alzavano sulle spalle la vara, incominciava il lancio di una miriade di carte colorate ("nzareddi) lanciate dai mortai posti sulla facciata della chiesa. Quest'anno invece, dopo due anni di assenza, S. Sebastiano con la sua Reliquia ha varcato la soglia dei gradini ed è uscito trionfalmente dal portale centrale della sua Basilica come prima. Una cosa ancora più bella, che mancava da tantissimi anni, è l'addobbo della chiesa con i stupendi e maestosi paramenti sacri in stoffa che mancavano da circa quarant'anni e da quest'anno, che si è restaurata la chiesa, si è ripresa quest' antica e bella tradizione. La festa è stata molto bella ed emozionante; purtroppo quest'anno c'è stata una giornata ricca di vento, soprattutto al momento dell'uscita, che ha guastato l'effetto coreografico del lancio delle carte, che invece di cadere in piazza sono cadute, dopo il lancio, di lato alla chiesa.; ma per il resto la festa è stata bella come sempre: prima il giro d'onore attorno alla piazza, con l'offerta dei bambini nudi al Santo, poi il giro per le vie del paese con l'offerta dei soldi appesi davanti il simulacro, la tradizionale "Catena Umana" per via Fiume Grande, il rientro e la processione serale. Al passaggio del Santo con la sua Reliquia dalla ripida salita di via Fiume Grande si effettua la "Catena Umana": la catena si effettua solo per la salita della vara col simulacro non per la "varetta" con la Reliquia che è più leggera. Siccome la salita è molto faticosa, i devoti portatori vengono aiutati da altri devoti che si mettono in fila e si tengono a "braccetto" tra di loro formando una catena umana, che unita con i devoti che portano a spalla la vara formano un cordone che li aiuta nella ripida salita. Vi è una grande emozione in quel momento, e tra due ali di folla i devoti con tutte le loro forze effettuano la ripida salita tra gli applausi, i gridi di evviva e lo sparo dei fuochi d'artificio; è il momento più bello della processione diurna dopo la "Sciuta". Dopo aver effettuato altre strade del paese la Reliquia rientra subito in chiesa all'arrivo in piazza mentre S. Sebastiano prima di rientrare effettua due giri della piazza per infine entrare trionfalmente tra le grida di giubilo dei devoti che dopo aver effettuato la ripida salita dei gradini della chiesa, in conclusione appoggiano la vara col Santo nella navata centrale della chiesa proprio nei pressi della porta centrale. La sera si è svolta la solenne processione per le vie rimanenti del paese e alla fine della giornata di festa il simulacro è stato riposto sull'altare maggiore per rimanere esposto per tutta la settimana dell'ottavario di preghiera in attesa della conclusiva processione del giorno dell'ottava con un'atra vara a spalla chiamata "Vara che Cianciani".
Testo della redazione (L'AFC)
San Sebastiano
Le notizie storiche su s. Sebastiano sono davvero poche, ma la diffusione del suo culto ha resistito ai millenni, ed è tuttora molto vivo, ben tre Comuni in Italia portano il suo nome, e tanti altri lo venerano come santo patrono, si ricorda inoltre il grande porto spagnolo di San Sebastián, l’isola di Sao Sebastiao in Brasile, di fronte a San Paolo. Le fonti storiche certe sono: il più antico calendario della Chiesa di Roma, la ‘Depositio martyrum’ risalente al 354, che lo ricorda al 20 gennaio e il “Commento al salmo 118” di s. Ambrogio (340-397), dove dice che Sebastiano era di origine milanese e si era trasferito a Roma, ma non dà spiegazioni circa il motivo. Le poche notizie storiche sono state poi ampliate e diciamo abbellite, dalla successiva ‘Passio’, scritta probabilmente nel V secolo dal monaco Arnobio il Giovane. Ne facciamo qui il riassunto integrando le due fonti, dando prima una introduzione storica. Nel 260 l’imperatore Galliano aveva abrogato gli editti persecutori contro i cristiani, ne seguì un lungo periodo di pace, in cui i cristiani pur non essendo riconosciuti ufficialmente, erano però stimati, occupando alcuni di loro, importanti posizioni nell’amministrazione dell’impero. E in questo clima favorevole, la Chiesa si sviluppò enormemente anche nell’organizzazione; Diocleziano che fu imperatore dal 284 al 305, desiderava portare avanti questa situazione pacifica, ma poi 18 anni dopo, su istigazione del suo cesare Galerio, scatenò una delle persecuzioni più crudeli in tutto l’impero. Sebastiano, che secondo s. Ambrogio era nato e cresciuto a Milano, da padre di Narbona (Francia meridionale) e da madre milanese, era stato educato nella fede cristiana, si trasferì a Roma nel 270 e intraprese la carriera militare intorno al 283, fino a diventare tribuno della prima coorte della guardia imperiale a Roma, stimato per la sua lealtà e intelligenza dagli imperatori Massimiano e Diocleziano, che non sospettavano fosse cristiano. Grazie alla sua funzione, poteva aiutare con discrezione i cristiani incarcerati, curare la sepoltura dei martiri e riuscire a convertire militari e nobili della corte, dove era stato introdotto da Castulo, domestico (cubicolario) della famiglia imperiale, che poi morì martire. La leggendaria ‘Passio’, racconta che un giorno furono arrestati due giovani cristiani Marco e Marcelliano, figli di un certo Tranquillino; il padre ottenne un periodo di trenta giorni di riflessione prima del processo, affinché potessero salvarsi dalla certa condanna sacrificando agli dei. Nel tetro carcere i due fratelli stavano per cedere alla paura, quando intervenne il tribuno Sebastiano riuscendo a convincerli a perseverare nella fede; mentre nel buio della cella egli parlava ai giovani, i presenti lo videro circondato di luce e tra loro c’era anche Zoe, moglie del capo della cancelleria imperiale, diventata muta da sei anni. La donna si inginocchiò davanti a Sebastiano, il quale dopo aver implorato la grazia divina fece un segno di croce sulle sue labbra, restituendole la voce. A ciò seguì una collana di conversioni importanti, il prefetto di Roma Cromazio e suo figlio Tiburzio, Zoe col marito Nicostrato e il cognato Castorio; tutti in seguito subirono il martirio, come pure i due fratelli Marco e Marcelliano e il loro padre Tranquillino. Sebastiano per la sua opera di assistenza ai cristiani, fu proclamato da papa s. Caio “difensore della Chiesa” e proprio quando, secondo la tradizione, aveva seppellito i santi martiri Claudio, Castorio, Sinforiano, Nicostrato, detti Quattro Coronati, sulla via Labicana, fu arrestato e portato da Massimiano e Diocleziano, il quale già infuriato per la voce che si diffondeva in giro, che nel palazzo imperiale si annidavano i cristiani persino tra i pretoriani, apostrofò il tribuno: “Io ti ho sempre tenuto fra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Sebastiano fu condannato ad essere trafitto dalle frecce; legato ad un palo in una zona del colle Palatino chiamato ‘campus’, fu colpito seminudo da tante frecce da sembrare un riccio; creduto morto dai soldati fu lasciato lì in pasto agli animali selvatici. Ma la nobile Irene, vedova del già citato s. Castulo, andò a recuperarne il corpo per dargli sepoltura, secondo la pia usanza dei cristiani, i quali sfidavano il pericolo per fare ciò e spesso venivano sorpresi e arrestati anche loro. Ma Irene si accorse che il tribuno non era morto e trasportatelo nella sua casa sul Palatino, prese a curarlo dalle numerose lesioni. Miracolosamente Sebastiano riuscì a guarire e poi nonostante il consiglio degli amici di fuggire da Roma, egli che cercava il martirio, decise di proclamare la sua fede davanti a Diocleziano e al suo associato Massimiano, mentre gli imperatori si recavano per le funzioni al tempio eretto da Elagabolo, in onore del Sole Invitto, poi dedicato ad Ercole. Superata la sorpresa, dopo aver ascoltato i rimproveri di Sebastiano per la persecuzione contro i cristiani, innocenti delle accuse fatte loro, Diocleziano ordinò che questa volta fosse flagellato a morte; l’esecuzione avvenne nel 304 ca. nell’ippodromo del Palatino, il corpo fu gettato nella Cloaca Massima, affinché i cristiani non potessero recuperarlo. L’abbandono dei corpi dei martiri senza sepoltura, era inteso dai pagani come un castigo supremo, credendo così di poter trionfare su Dio e privare loro della possibilità di una resurrezione. La tradizione dice che il martire apparve in sogno alla matrona Lucina, indicandole il luogo dov’era approdato il cadavere e ordinandole di seppellirlo nel cimitero “ad Catacumbas” della Via Appia. Le catacombe, oggi dette di San Sebastiano, erano dette allora ‘Memoria Apostolorum’, perché dopo la proibizione dell’imperatore Valeriano del 257 di radunarsi e celebrare nei cosiddetti “cimiteri cristiani”, i fedeli raccolsero le reliquie degli Apostoli Pietro e Paolo dalle tombe del Vaticano e dell’Ostiense, trasferendoli sulla via Appia, in un cimitero considerato pagano. Costantino nel secolo successivo, fece riportare nei luoghi del martirio i loro corpi e dove si costruirono poi le celebri basiliche. Sulla Via Appia si costruì un’altra basilica costantiniana la “Basilica Apostolorum”, in memoria dei due apostoli. Fino a tutto il VI secolo, i pellegrini che vi si recavano attirati dalla ‘memoria’ di s. Pietro e s. Paolo, visitavano in quel cimitero anche la tomba del martire, la cui figura era per questo diventata molto popolare e quando nel 680 si attribuì alla sua intercessione, la fine di una grave pestilenza a Roma, il martire s. Sebastiano venne eletto taumaturgo contro le epidemie e la chiesa cominciò ad essere chiamata “Basilica Sancti Sebastiani”. Il santo venerato il 20 gennaio, è considerato il terzo patrono di Roma, dopo i due apostoli Pietro e Paolo. Le sue reliquie, sistemate in una cripta sotto la basilica, furono divise durante il pontificato di papa Eugenio II (824-827) il quale ne mandò una parte alla chiesa di S. Medardo di Soissons il 13 ottobre 826; mentre il suo successore Gregorio IV (827-844) fece traslare il resto del corpo nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano e inserendo il capo in un prezioso reliquiario, che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella Basilica dei Santi Quattro Coronati, dove tuttora è venerato. Gli altri resti di s. Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino al 1218, quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di S. Sebastiano, il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta; nel XVII secolo l’urna venne posta in una cappella della nuova chiesa, sotto la mensa dell’altare, dove si trovano tuttora. S. Sebastiano è considerato patrono degli arcieri e archibugieri, tappezzieri, fabbricanti di aghi e di quanti altri abbiano a che fare con oggetti a punta simili alle frecce. Patrono di Pest a Budapest e dei Giovani dell’Azione Cattolica, è invocato nelle epidemie, specie di peste, così diffusa in Europa nei secoli addietro. Nell’arte antica s. Sebastiano fu variamente raffigurato come anziano, uomo maturo con barba e senza barba, vestito da soldato romano o con lunghe vesti proprie di un uomo del Medioevo. Dal Rinascimento in poi diventò nell’arte, l’equivalente degli dei ed eroi greci, celebrati per la loro bellezza come Adone o Apollo, poi ispirandosi ad una leggenda dell’VIII secolo, secondo la quale il martire sarebbe apparso in sogno al vescovo di Laon, nelle sembianze di un efebo, pittori e scultori cominciarono a raffigurarlo come un bellissimo giovane nudo, legato ad un albero o colonna e trafitto dalle frecce. Il soggetto si presentava ad una libera interpretazione del primo martirio delle frecce, (non si teneva conto che fosse poi morto con il flagello) e secondo l’estro dell’artista per un compiaciuto virtuosismo anatomico, applicato ad un soggetto religioso. Anche Michelangelo nel “Giudizio Universale”, lo immaginò nudo e possente come un Ercole, mentre stringe in pugno un fascio di frecce, interpretazione guerriera del mite santo, beato nella comunione del Signore. Innumerevoli sono le opere d’arte che lo raffigurano e quasi tutti gli artisti, pittori e scultori, si cimentarono nell’opera, anzi la semplicità del soggetto, uomo nudo legato ad una colonna, fu congeniale specie agli scultori. Ancora vivente, il papa lo denominò “difensore della Chiesa”, e celeste patrono e difensore fu denominato da intere città, capolavoro di questo tema è l’affresco di Benozzo Gozzoli nella chiesa di S. Agostino, della turrita San Gimignano (1465), dove s. Sebastiano come le iconografie della Madonna della Misericordia, accoglie gli abitanti della città sotto il suo mantello, sorretto da angeli e contro il quale si spezzano le frecce scagliate dal cielo da Dio. Infine è da ricordare che insieme a s. Giovanni Battista, è molto raffigurato nei gruppi di santi che circondano il trono della Madonna o che sono posti ai lati della Vergine.